Operazioni Straordinarie: contenzioso in materia di cessioni d’azienda e di partecipazioni

News | pubblicato il 15-01-2024
a cura di Studio Gargani

Con la Sentenza n.34917 pubblicata in data 13 dicembre 2023 la Corte di Cassazione ha escluso la possibilità di riqualificare un atto di cessione di partecipazioni in cessione d’azienda, ancorché con un unico atto i soci avessero provveduto a cedere tutte le loro partecipazioni a diversi cessionari, sulla base di quanto previsto dall’art.20 del DPR n.131/86.

Tale articolo è stato riformulato dalla L. n.205/2017 e successivamente è stata riconosciuta allo stesso valenza retroattiva (con la Corte Costituzionale che ne ha stabilito la legittimità costituzionale, confermandone anche la retroattività), al fine di evitare la riqualificazione degli atti registrati sulla base della causa reale o degli effetti economici, come spesso deciso da costante giurisprudenza di legittimità sulla base della norma vigente in precedenza.

Sostanzialmente, l’art.20 sopra richiamato, stabilisce che l’Ufficio deve interpretare l’atto portato alla registrazione solo sulla base degli effetti giuridici dell’atto stesso, escludendo la possibilità di riferirsi ad elementi extratestuali, così come ad eventuali altri atti ad esso collegati, per stabilire la corretta tassazione ai fini dell’imposta di registro, avendo, quest’ultima, proprio natura di imposta d’atto; mentre potrà utilizzarsi l’art.10-bis della L. n.212/2000 per le eventuali contestazioni in tema di abuso del diritto, garantendo in tal caso ulteriori tutele al contribuente, quali, ad esempio, il contraddittorio endoprocedimentale. Nel caso in esame, l’Agenzia delle Entrate riteneva possibile riqualificare la cessione di partecipazioni in cessione d’azienda, anche sulla base dell’art.20 del DPR n.131/86, in considerazione del fatto che si trattava di una cessione totalitaria posta in essere con un solo atto, anche se a favore di più acquirenti e non, invece, avvenuta con molteplici atti, come in ipotesi di conferimento d’azienda e successiva cessione delle partecipazioni ricevute.

Per la Cassazione, che ha respinto il ricorso dell’Ufficio, invece, sarebbe stato necessario individuare quali fossero gli elementi intrinseci all’atto portato alla registrazione, da poter utilizzare per la corretta qualificazione dello stesso, rispetto a quelli estrinseci ad esso e quindi inutilizzabili a tal fine (se non attraverso la norma dell’art.10-bis della L. n.212/2000, prevista per l’abuso del diritto o l’elusione fiscale); ed in conseguenza di ciò, la Corte, pur ammettendo che l’atto da registrare fosse uno soltanto, ha evidenziato che l’Amministrazione Finanziaria, non aveva fatto affidamento esclusivamente sul suo contenuto, ma era ricorsa ad elementi esterni, seppur gli stessi potessero ritenersi indiscutibili in giudizio, per accertare che l’oggetto della cessione fosse un complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa e non le partecipazioni.

Sempre la Corte di Cassazione, con la successiva Sentenza depositata in data 19 dicembre 2023, n.35462, ha stabilito che nel caso di una cessione d’azienda, l’accertamento con adesione concluso dall’Agenzia delle Entrate con la parte acquirente, non ha effetto nei confronti della parte venditrice per la determinazione della plusvalenza da questa realizzata a seguito della cessione.

Nella fattispecie esaminata, l’Ufficio, dopo aver stipulato un accertamento con adesione relativo all’imposta di registro con il cessionario d’azienda e senza aver comprovato con altri mezzi che il valore di cessione fosse superiore a quanto dichiarato dalla parte venditrice, aveva provveduto ad emettere nei confronti di quest’ultima un avviso di accertamento, richiedendo alla stessa una maggiore imposta IRES per la plusvalenza conseguita sulla base del prezzo di cessione definito in sede di adesione.

Già nei due gradi di merito, sia la Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, sia la Commissione Tributaria Regionale della Campania, avevano dapprima annullato l’avviso di accertamento e successivamente respinto l’appello erariale, considerando non utilizzabile nei confronti del cedente quanto definito in sede di accertamento con adesione concluso l’acquirente.

Nonostante l’Amministrazione Finanziaria ribadisse in sede di legittimità che tale prezzo di cessione, ancorché stabilito con l’acquirente ed ai fini dell’imposta di registro e non dell’IRES, dovesse valere come presunzione anche verso la parte cedente, la Cassazione ha confutato tale tesi sulla base del carattere volontario dell’adesione, che, pertanto, può avere efficacia esclusivamente verso la parte che ha aderito e non per altri soggetti estranei a quanto concordato e che avessero impugnato l’atto impositivo (ovvero, l’estensione degli effetti potrebbe aversi solo in assenza, di una espressa volontà contraria del contribuente coobbligato).

Infine, ha ribadito anche che l’art.5, c.3, del D.Lgs. n.147/2015, espressamente esclude che il Fisco possa procedere ad accertare induttivamente la plusvalenza realizzata a seguito di cessione di immobile o d’azienda solo sulla base del valore accertato, dichiarato o definito ai fini di un’altra imposta, tenuto conto che la base imponibile ai fini delle imposte dirette non è commisurata al valore del bene come nel caso dell’imposta di registro, ma alla differenza tra il corrispettivo percepito nel periodo d’imposta ed il costo di acquisto del bene in questione, aumentato di tutti gli oneri ad esso inerenti.

Alcune immagini usate in questo articolo sono state prese da www.create.vista.com

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