Contenzioso su fondo patrimoniale e azioni dei creditori

News | pubblicato il 13-12-2023
a cura di Studio Gargani

Con la Sentenza n.18164/2023, depositata in data 26 giugno 2023, la Corte di Cassazione ha stabilito che il Giudice Delegato non può acquisire al fallimento i beni che, oltre due anni prima che venisse dichiarato il fallimento di una Sas, il socio illimitatamente responsabile della stessa e sua moglie, avevano fatto confluire in un fondo patrimoniale costituito per far fronte ai bisogni della famiglia, ai sensi dell’art.167 del Codice Civile, dichiarando giuridicamente inesistente il provvedimento con il quale egli aveva disposto tale acquisizione, perché emesso oltre quanto consentito dall’art.25, c.1, L. fallimentare.

Il fondo patrimoniale è un istituto giuridico che, ai sensi dell’art.167 del Cod.Civ., consente ad uno o entrambi i coniugi (o anche ad un terzo) di destinare beni immobili, beni mobili iscritti in pubblici registri, o titoli di credito, al soddisfacimento dei bisogni della famiglia, con la conseguenza di creare una effettiva separazione patrimoniale di tali beni rispetto agli altri nella disponibilità della famiglia, precludendo eventuali azioni esecutive da parte dei creditori su tali beni e sui frutti da essi derivanti, in tutti i casi in cui gli stessi fossero a conoscenza che i debiti erano stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia.

Ed anche la stessa L. Fallimentare, all’art.46, n.3, esclude che si possano ricomprendere nel fallimento i beni confluiti nel fondo patrimoniale ed i loro frutti, salvo quanto stabilito dall’art.170 del Cod.Civ.

Pertanto, per la Cassazione, nella fattispecie in esame in cui vi è un atto opponibile al fallimento in quanto trascritto in precedenza, ed a maggior ragione dato che si discute anche del diritto di uno dei coniugi estraneo al fallimento, il Giudice Delegato non poteva aggredire i beni vincolati nel fondo patrimoniale, destinati a soddisfare i bisogni della famiglia, tra i quali normalmente non rientrano i debiti contratti dal fallito per l’esercizio dell’impresa.

Successivamente, sempre la Corte di Cassazione, con la Sentenza n.45163 depositata in data 9 novembre 2023, si è occupata di un caso in cui si contestava il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte in seguito alla donazione dal padre alla figlia, di un immobile precedentemente confluito in un fondo patrimoniale familiare.

Il reato in questione è oggi disciplinato dall’art.11 del D.lgs. n.74/2000, che sanziona con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque al fine di sottrarsi al pagamento dell’IVA o delle imposte sui redditi, o interessi o sanzioni amministrative relative a tali imposte per un ammontare complessivamente superiore a 50.000,00 euro, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti su beni propri o altrui, idonei a rendere totalmente o parzialmente inefficace la procedura di riscossione coattiva; reclusione che diventa da un anno a sei anni in caso l’ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi superi i 200.000,00 euro.

In precedenza, l’art.97 del DPR n.602/1973 prevedeva la reclusione fino a tre anni per chi al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte, sanzioni, interessi e soprattasse, avesse compiuto atti fraudolenti sui beni propri o altrui, tali da rendere inefficace l’esecuzione esattoriale, dopo l’inizio di accessi, ispezioni o verifiche o la notifica di inviti, richieste, atti di accertamento o iscrizioni a ruolo.

Attualmente, quindi, perché si configuri tale reato, non è più necessario che sia stata avviata l’azione accertativa, ma solo che l’azione posta in essere, a carattere simulatorio o fraudolento, sia potenzialmente idonea a rendere inefficace l’azione erariale (reato di pericolo concreto).

La costituzione di un fondo patrimoniale, potrebbe, in ipotesi, ostacolare l’azione di riscossione da parte dell’erario e quindi integrare il reato di cui si discute, ma il giudice deve, comunque, dimostrare e motivare che tale condotta sia finalizzata a ciò e che vi sia il dolo specifico di frode.

Nel caso in esame, inoltre, non era in discussione il conferimento di un immobile in un fondo patrimoniale, ma la donazione “simulata” dello stesso, già facente parte del fondo.

Per la Corte, non poteva, quindi, ravvisarsi il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, in quanto l’immobile donato non poteva, comunque, essere oggetto di materiale apprensione per soddisfare la pretesa erariale, in base ai limiti previsti dall’art.170 del Cod.Civ., che nega l’esecuzione sui beni del fondo e sui loro frutti, per debiti che il creditore sapeva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia.

Il giudice del rinvio, pertanto, dovrà verificare se concretamente e sulla base di tali limiti, l’immobile avrebbe potuto essere oggetto di esecuzione da parte dell’Erario, altrimenti non potrebbe configurarsi, di conseguenza, neanche il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.

Alcune immagini usate in questo articolo sono state prese da www.create.vista.com

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