Recentemente sono state emanate tre sentenze da parte della Corte di Cassazione che è bene analizzare.
La prima in evidenza è la sent. Cass. n.19560 del 24 luglio 2018 riguardante una causa in cui il ricorrente impugnava una cartella di pagamento relativa all’ICI per gli anni 2001-2004, per omessa notificazione degli atti di accertamento prodromici. A fronte di tale contestazione l’Ufficio produceva copia degli atti notificati e dell’avviso di ricevimento degli stessi in cui era riportato che il contribuente si era rifiutato di sottoscriverne la ricevuta.
Già nei primi due gradi di giudizio era emerso che il contribuente non aveva presentato la querela di falso per contestare quanto riportato dal postino nella ricevuta, ma solo la denuncia penale (in cui si evidenziava l’impossibilità della consegna degli atti in questione nel luogo dell’asserita notifica in quanto il ricorrente si trovava altrove).
La Corte di Cassazione nella sentenza in oggetto conferma le decisioni dei primi due gradi di giudizio, ribadendo che la relata di notifica proveniente da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni è un atto pubblico e quanto in essa contenuta fa piena prova fino a querela di falso in relazione alle attestazioni, alle dichiarazioni ed ai fatti avvenuti in sua presenza, limitatamente al loro contenuto estrinseco (come già espresso dalla sent. Cass. 7638/2018). Non richiedono invece la querela di falso ma la sola prova contraria offerta con tutti i mezzi consentiti, le attestazioni non provenienti dall’attività diretta del pubblico ufficiale.
Il ricorrente avrebbe quindi dovuto esperire necessariamente la querela di falso (art.221 c.p.c. e seguenti) e non la denuncia penale, la quale non rileva neanche ai fini della sospensione del procedimento in essere, pur in pendenza del procedimento penale per falsità della relata di notifica.
La seconda è la sent. Cass. n.26731/2018, che si inserisce in un filone in cui la motivazione dell’atto non si può ritenere assolta con il mero richiamo agli atti prodromici in assenza della determinazione del tributo dovuto e dell’indicazione dei metodi di calcolo dello stesso (ad es. sent. Cass. 24200/2016), così come non basta il solo richiamo alla sentenza senza allegazione della stessa (ad es. sent. Cass. 29402/2017), con l’evidente intento di garantire il diritto costituzionale di difesa del contribuente. Il ricorrente lamentava, infatti, la mancata motivazione di un avviso di liquidazione di maggior imposta di registro, ipotecaria e catastale relativa ad una sentenza di usucapione del Trib. di Salerno che non riportava la base imponibile e le aliquote applicate e nel quale neanche era stata allegata la sentenza richiamata (benché il contribuente fosse stato parte del giudizio e fosse stato comunicato al difensore il dispositivo).
Con la sentenza in oggetto la Corte di Cassazione ha annullato l’avviso di liquidazione ribadendo che gli atti dell’amministrazione finanziaria devono essere adeguatamente motivati (art. 3 L.241/90), indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che ne hanno determinato la decisione, al fine di mettere in grado il contribuente di esercitare il proprio diritto di difesa conoscendo l’an ed il quantum della pretesa tributaria.
Tale principio è un cardine fondamentale stabilito dall’art.7 dello Statuto dei Diritti del Contribuente (L. 212/2000), per garantire la collaborazione, la trasparenza e la buona fede nei rapporti tra amministrazione finanziaria e contribuente.
Infine, anche la sent. Cass. 30039/2018 del 21 novembre 2018 riguarda l’obbligo di motivazione degli avvisi emessi dall’Amministrazione finanziaria. Nel caso in esame l’Agenzia riteneva inapplicabile l’aliquota ridotta per l’acquisto di un immobile sulla base di un parere dell’Agenzia del Territorio non allegato e non conosciuto dalla parte che riconduceva l’immobile stesso alla categoria di lusso.
Tale parere era stato acquisito agli atti del fascicolo solo nel corso della pubblica udienza di trattazione del ricorso. Pur sussistendo un orientamento che ritiene soddisfatto l’obbligo di motivazione degli atti con la sola enunciazione del criterio astratto successivamente integrato con gli elementi necessari a permettere al contribuente di esercitare il proprio diritto di difesa in fase contenziosa (es. sent. Cass. 9187/2011), la sent. in oggetto ribadisce che gli avvisi di accertamento o rettifica devono porre in essere il contribuente di conoscere in modo completo il petitum e la causa petendi della pretesa impositiva, elementi costitutivi dell’obbligazione tributaria, al fine di esercitare il proprio diritto di difesa (art.7 L. 212/2000).
Pertanto la motivazione degli stessi deve essere completa, non integrabile dagli Uffici in sede contenziosa e deve permettere al contribuente di comprendere la ratio della pretesa a suo carico.
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