Operazioni straordinarie, interpelli in materia di scissioni asimmetriche

News | pubblicato il 25-10-2021
a cura di Studio Gargani

L’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello n.435 del 23 giugno 2021, conferma quanto già asserito in precedenti documenti di prassi, ovvero che le scissioni societarie asimmetriche non proporzionali di una società operativa a favore di una società beneficiaria neocostituita alla quale vengono assegnati una parte degli immobili della scissa ed il 25{c6f1e3cbbf388f39af87624e7ab33d42cc5a4ced45b8f171171c043a5d28b876} delle partecipazioni di minoranza in un’altra società detenute sempre dalla scissa, si considerano operazioni straordinarie fisiologiche e non elusive, in quanto non sono ravvisabili in esse gli estremi dell’abuso di diritto ai sensi dell’art.10-bis della Legge n.212/2000, non conseguendosi vantaggi fiscali indebiti in contrasto con le norme tributarie, sia riguardo alle imposte dirette, sia riguardo all’IVA ed alle imposte indirette.

In tal modo, alcuni dei soci della scissa riceverebbero l’intera partecipazione della società beneficiaria neocostituita ed attraverso tale operazione, a seguito anche delle precedenti cessioni di quote nelle altre società controllate da diversi fratelli, si arriverebbe alla completa separazione dei destini imprenditoriali dei vari nuclei familiari presenti, rendendoli indipendenti nella gestione dei singoli compendi aziendali, al fine di superare i contrasti tra gli stessi.

Proprio l’art.173 del TUIR stabilisce il principio di neutralità fiscale della scissione di una società, sia essa totale o parziale ed a favore di società beneficiarie di nuova costituzione o preesistenti, ovvero che tale operazione non costituisce realizzo o distribuzione di plusvalenze o minusvalenze dei beni aziendali, inclusi l’avviamento e le rimanenze, che verranno mantenute “latenti” e non concorreranno alla formazione del reddito, fin quando gli stessi non verranno ceduti a titolo oneroso o saranno oggetto di risarcimento per perdita o danneggiamento, o usciranno dalla sfera imprenditoriale o verranno assegnati al godimento personale dei soci o a finalità estranee rispetto all’esercizio dell’impresa.

E sempre per lo stesso principio, la sostituzione delle partecipazioni detenute dai singoli soci della scissa non determina per gli stessi l’insorgenza di redditi tassabili, a meno che non siano previsti conguagli in denaro.

Resta, comunque, fermo il potere di controllo dell’Amministrazione Finanziaria nel caso la scissione venga attuata con una distribuzione non equa dei valori economici relativi alle partecipazioni da attribuire ai singoli soci, rispetto a quelli delle partecipazioni precedentemente posseduti nella scissa o che comporti l’arricchimento notevole di un socio rispetto agli altri.

Anche nella successiva risposta all’interpello n.555 del 25 agosto 2021, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che la scissione parziale asimmetrica si considera un’operazione fisiologica per consentire ai diversi soci della scissa di continuare in modo indipendente ed autonomo l’attività d’impresa, ciascuno con la propria società, salva, comunque, la possibilità di valutare la liceità fiscale e l’eventuale abuso del diritto, qualora i beni attribuiti alle società beneficiarie non vengano effettivamente utilizzati per svolgere un’attività economica, o se successivamente alla scissione si proceda alla cessione delle partecipazioni.

Nel caso in esame, l’operazione straordinaria farebbe seguito ad una divisione ereditaria in cui due eredi divengono possessori di partecipazioni nella futura scissa, mentre ad un terzo erede, non interessato a partecipare alla società, si attribuiscono beni diversi, non rientranti nel compendio aziendale.

L’Amministrazione Finanziaria, nella risposta all’interpello, ribadisce che l’operazione di scissione, per poter essere considerata lecita e neutra dal punto di vista fiscale, non deve, però, essere parte di un disegno più ampio finalizzato alla successiva rivendita o donazione delle partecipazioni, con l’intento di trasformare le plusvalenze sui beni immobili in capital gains sulle quote societarie cedute, aggirando in tal modo le norme tributarie che prevedono la tassazione ordinaria delle plusvalenze realizzate nell’ambito del reddito d’impresa.

In sostanza la scissione non deve servire ad assegnare ai soci gli asset aziendali, creando delle società non operative e sottraendo sostanzialmente in tal modo gli stessi al regime dei beni d’impresa.

Ed anche se solo una delle società risultanti dalla divisione ereditaria o dalla scissione fossero considerate non operative e fungessero quindi da schermo per il godimento dei beni immobili da parte dei soci, vi sarebbe un risparmio fiscale indebito dovuto alla posticipazione a tempo indeterminato della tassazione delle plusvalenze sugli stessi.

In questa occasione, l’Agenzia delle Entrate si esprime, quindi, in parziale controtendenza rispetto a precedenti risposte dalla stessa fornite sull’eventuale abuso del diritto in caso di scissioni, ancorché proporzionali, seguite dalla cessione delle partecipazioni.

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