Contenzioso in materia di imprese familiari

News | pubblicato il 11-06-2020
a cura di Studio Gargani

Due recenti Sentenze della Corte di Cassazione hanno avuto ad oggetto l’impresa familiare, sia riguardo l’eventuale assoggettamento ad IRAP del titolare, sia riguardo il caso dell’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi da parte dello stesso al fine di poter ripartire i redditi tra i partecipanti.

La Sentenza n. 22469 depositata in data 9 settembre 2019, stabilisce che deve versare l’IRAP il promotore finanziario titolare di un’impresa familiare, se lo stesso eroga elevati compensi al proprio collaboratore (come nel caso di specie alla moglie, per importi tra i 40.000 ed i 120.000 euro l’anno).

La Corte ha ritenuto che l’ammontare così elevato dei compensi corrisposti al collaboratore familiare, fosse incompatibile con l’assenza dell’autonoma organizzazione, circostanza che escluderebbe l’obbligo di corrispondere il tributo in questione, in funzione delle mansioni meramente esecutive svolte dal collaboratore.

Ed in effetti, solo nel caso di prestazioni generiche che non eccedano il minimo indispensabile per lo svolgimento dell’attività professionale, secondo ciò che costituisce la comune esperienza, si potrebbe configurare l’ipotesi dell’assenza dell’autonoma organizzazione ed il non assoggettamento all’IRAP, mentre in tutte le altre fattispecie andrebbe fatta una valutazione caso per caso.

E ciò specialmente nello svolgimento delle mansioni segretariali in quanto accanto a quelle più generiche (come ad esempio rispondere al telefono o fare accoglienza ai clienti), a volte potrebbero essere svolte anche attività più di concetto (come ad esempio predisposizione delle parcelle o tenuta della contabilità), che potrebbero essere idonee a creare valore aggiunto al professionista.

Al fine di valutare l’effettiva attività svolta dal collaboratore si dovrebbe però prescindere dal solo criterio del livello retributivo, così come dovrebbe essere irrilevante o quanto meno non decisivo il livello di inquadramento dello stesso, come già affermato in precedenza dalla stessa Corte (da ultimo Sent. n. 26417/2017), in quanto la necessaria corrispondenza tra le mansioni e l’inquadramento del collaboratore opera solo “verso il basso”, dato che potrebbe essergli riconosciuta una qualifica superiore rispetto alle mansioni effettivamente svolte, a titolo di trattamento di favore, mentre mai sarebbe possibile configurare l’ipotesi inversa.

Con la Sentenza n.9506 del 22 maggio 2020, la Cassazione ha respinto il ricorso di una farmacista, stabilendo che la mancata presentazione da parte della stessa della dichiarazione dei redditi, impedisce di richiedere successivamente in sede di accertamento che vengano ripartiti i redditi accertati tra i partecipanti ad un’impresa familiare, considerando, pertanto, inammissibile la produzione documentale dei nominativi solo in sede contenziosa.

Già in precedenza sia la Commissione Tributaria Provinciale ed in seguito la Commissione Tributaria Regionale avevano rigettato le ragioni della contribuente, affermando che per attribuire i redditi tra i vari partecipanti all’impresa familiare, era previsto come requisito indispensabile la presentazione della dichiarazione con l’indicazione dei nominativi dei familiari, delle rispettive quote di partecipazione e l’attestazione nella dichiarazione dei redditi di ogni partecipante di aver lavorato per l’impresa familiare.

Anche la Corte, nel respingere nuovamente il ricorso, ha ribadito che la presentazione della dichiarazione dei redditi da parte dell’imprenditore in cui risultino i nominativi e le rispettive quote dei collaboratori familiari e l’attestazione degli stessi di aver lavorato per l’impresa familiare nelle proprie dichiarazioni, è un requisito indispensabile ed espressamente previsto dall’art. 5, c. 4, del TUIR, al fine di poter procedere alla suddivisione del reddito prodotto dall’impresa familiare.

Cosa non applicabile, quindi al caso portato alla sua attenzione, avendo la contribuente omesso la presentazione della propria dichiarazione dei redditi.

Ed inoltre, sempre la Cassazione, ha riscontrato che la contribuente non aveva dimostrato di aver presentato le attuali prove documentali già innanzi ai giudici di merito, violando, pertanto, il divieto di allegare nuova documentazione solo in sede di legittimità.

Infine, considerata la natura individuale dell’impresa familiare, la Corte ha anche escluso che nel giudizio di impugnazione dell’avviso di accertamento si configuri l’ipotesi del litisconsorzio necessario tra il titolare ed i collaboratori, essendo le loro posizioni rilevanti esclusivamente nei rapporti interni.

Contattaci subito per maggiori info!


Modulo di contatto

Compila il form


Telefono

+39 06 8077278


Fax

+39 06 8077021


Modulo di contatto







    Rispondi correttamente alla domanda.

    Accetto trattamento dati →
    Si informa, ai sensi del D.Lgs. 196/03, che i dati personali da Lei forniti mediante compilazione della presente scheda saranno raccolti e trattati in modo da garantirne la riservatezza e la sicurezza e solo ai fini di contatto diretto.

    * Cambi obbligatori


     Dove siamo

    Via Nicolò Tartaglia, 11, 00197 Roma

    Condividi ➤