La Corte di Cassazione con la Sentenza n.15595/2020 si è occupata della distinzione tra la motivazione degli atti impositivi, senza la quale lo stesso è da ritenersi invalido e l’indicazione sempre nell’atto impositivo degli elementi su cui si fonda la pretesa tributaria, inclusa la prova della loro effettiva esistenza.
Quest’ultima informazione non è però prescritta come elemento indispensabile per la validità e legittimità dell’atto, ma segue le regole processuali da applicarsi al giudizio tributario.
In sostanza, l’accertamento dell’esistenza dei fatti addotti dall’Amministrazione Finanziaria fa parte proprio dello svolgimento del processo, compreso il rischio della loro mancata prova; mentre per quanto concerne l’indicazione dei fatti e degli elementi dimostrativi degli stessi, l’Ufficio deve necessariamente procurarsene preventivamente la prova per addivenire poi ad emettere l’atto; consentendo, al contempo, al ricorrente di poter impugnare con il ricorso, ogni eventuale profilo di illegittimità.
Ciò viene espressamente indicato nell’art.3 della L. n.241/1990 e richiamato dall’art. 7 della L. n.212/2000, quando si richiede che le risultanze dell’istruttoria che hanno portato all’emissione del provvedimento trovino corrispondenza nell’indicazione dei fatti e degli elementi posti alla base della pretesa tributaria.
Intendendo, quindi, che l’allegazione di questi ultimi sia ritenuta indispensabile per reggere la motivazione dell’atto e per consentire al ricorrente, come confermato da costante giurisprudenza della medesima Corte, di poter esercitare pienamente il proprio diritto di difesa, evitandogli di dover svolgere indagini e ricerche che ridurrebbero inevitabilmente il termine concessogli per impugnare.
E tale onere a carico dell’Amministrazione vale a maggior ragione in tutte quelle fattispecie in cui si utilizzano metodi e criteri statistici ed indiziari o comunque non oggettivi, dove il contribuente deve essere messo in condizione di valutare la correttezza e l’attendibilità dell’operato dell’Ufficio, non soltanto con un generico richiamo alla norma applicata o al risultato ottenuto, ma specificando in modo puntuale i metodi ed i criteri seguiti.
Infine, anche l’indicazione di un fatto non collegato causalmente con l’istruttoria svolta dall’Ufficio, potrebbe determinare l’invalidità della motivazione dell’atto.
Sempre in merito al diritto di difesa del contribuente ed all’obbligo di motivare gli avvisi di accertamento da parte dell’Amministrazione Finanziaria, sono state emesse dalla Corte di Cassazione le Sentenze n.16480 e n.16481 del 31 luglio 2020, in relazione ad un diverso classamento catastale di un immobile sito in area demaniale e per il quale nell’avviso si faceva solo un generico riferimento ad una Convenzione tra Agenzia del Territorio ed Autorità Portuale, senza esplicitare ulteriormente i presupposti di diritto e di fatto a sostegno della pretesa tributaria, in palese contrasto con l’art.7 della L. n. 212/2000; e proprio in base a tale principio ed indipendentemente dal fatto che comunque il ricorrente aveva efficacemente esercitato il diritto di difesa, la Corte accoglieva il suo ricorso e provvedeva conseguentemente all’annullamento dell’avviso di accertamento.
Diversamente, si sarebbe sminuito proprio il ruolo della motivazione dell’atto emesso dagli Uffici dell’Amministrazione Finanziaria, la quale deve consentire ex ante di esercitare il diritto di difesa, senza poter poi giudicare ex post la sufficienza della stessa sulla base della difesa effettivamente esercitata.
La motivazione dell’atto, sulla base di tutti gli elementi che devono essere tempestivamente forniti all’interessato già nell’atto, in sostanza, deve essere tale da consentire al contribuente di valutare la possibilità di impugnare o meno l’avviso di accertamento ed eventualmente di contestarne sia l’an che il quantum debeatur, senza rendere oltremodo difficoltoso l’esercizio del diritto stesso.
Cosa non riscontrata nella fattispecie sottoposta al vaglio della Corte, in quanto, il solo richiamo alla Convenzione sopra indicata, non consentiva di definire correttamente l’ambito e l’oggetto dell’eventuale contenzioso.
Tale conclusione, come già statuito da costante giurisprudenza, evidenzia il ruolo essenziale della motivazione, così come l’obbligo per gli Uffici di allegare nell’avviso di accertamento tutti gli atti in esso indicati, al fine di esplicitarne le ragioni, secondo quanto stabilito dall’art.3 della L. n. 241/90, ad eccezione di quelli trascritti nella parte essenziale dell’atto o che non integrino la motivazione dello stesso, ma che potranno poi essere comunque utilizzati come prova della pretesa tributaria.
Contattaci subito per maggiori info!
Modulo di contatto
Dove siamo
Via Nicolò Tartaglia, 11, 00197 Roma