In data 31 gennaio 2020 la Corte di cassazione a Sezioni Unite ha emesso la Sent. n.2320 riguardante il fermo amministrativo dei rimborsi in ambito IVA.
Tale provvedimento è previsto a tutela dell’Erario dall’art. 23 del D.Lgs. n. 472/97, quando la pretesa creditoria dello stesso sia contenuta in un atto impositivo vero e proprio, come avvisi di accertamento o avvisi di liquidazione o di irrogazione di sanzioni.
Ed inoltre, vi è l’art. 69 del R.D. n. 2440/23 che ammetterebbe la possibilità del fermo dei rimborsi, anche se la ragione del credito è contenuta in un semplice verbale di constatazione. La Sentenza emessa dalle Sezioni Unite favorevole al contribuente, è importante sotto un duplice aspetto, ed assorbe pur senza esaminarlo, il tema della possibile lesione del principio di neutralità dell’IVA.
Innanzi tutto, la Cassazione stabilisce che non è ammessa la possibilità di opporre il fermo amministrativo del rimborso in ambito IVA, in quanto le pretese creditorie dell’Erario sono già tutelate dalle garanzie previste dall’art. 38-bis del DPR n. 633/72.
Ed infatti, tale norma prevede espressamente la presentazione di una fideiussione da parte del richiedente, sulla quale l’Erario potrebbe rivalersi in caso fosse stato riconosciuto un indebito rimborso, nonché anche la possibilità di sospendere il rimborso qualora sia in corso un procedimento penale a carico del contribuente.
Pertanto, consentire anche il fermo amministrativo costituirebbe una tutela ingiustificata a favore dell’Erario ed un onere eccessivo per il contribuente, in violazione del principio previsto dall’art. 10 della L. n. 212/2000. Solo qualora cessassero di avere efficacia le garanzie previste dall’art.38-bis del DPR n.633/1972, potrebbe essere opposto il fermo amministrativo del rimborso.
La Sentenza in esame, inoltre, stabilisce che qualora la pretesa creditoria dell’Erario venisse annullata, anche con sentenza non ancora definitiva, il fermo eventualmente disposto cesserebbe automaticamente di avere efficacia.
Leggendo l’art. 23 sopra richiamato, infatti, è previsto espressamente che la sospensione opera nei limiti degli importi dovuti sulla base dell’atto impositivo o della decisione della Commissione Tributaria e ciò è ancor più valido in seguito al D.Lgs. n.156/2015 che ha stabilito l’immediata esecutività delle sentenze del giudice tributario, potendo anche agire in ottemperanza, senza che sia necessario attendere il giudicato. Esecutività che, altrimenti, verrebbe del tutto vanificata consentendo comunque il fermo del rimborso anche nel caso la pretesa creditoria dell’Erario fosse stata annullata. Successivamente, l’Agenzia delle Entrate in data 10 febbraio 2020 con la risposta all’interpello n.42, si è occupata dei requisiti necessari per la presentazione di un’istanza di rimborso IVA da parte di una stabile organizzazione italiana di un soggetto non residente, relativamente a quanto previsto dall’art.38-bis, c.3, lett.a) e dal c.5, terzo periodo del DPR n.633/72.
Il comma 3 prevede per i soggetti considerati non a rischio la possibilità di richiedere i rimborsi IVA superiori a 30 mila euro senza la presentazione della garanzia, purché l’istanza sia munita del visto di conformità o della sottoscrizione dell’organo di controllo e sia rilasciata la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà che certifichi l’esistenza delle condizioni di solidità patrimoniale del soggetto richiedente, tra le quali la prima riguarda il Patrimonio Netto che non deve essere diminuito di oltre il 40{c6f1e3cbbf388f39af87624e7ab33d42cc5a4ced45b8f171171c043a5d28b876} rispetto alle risultanze contabili dell’ultimo periodo d’imposta.
Nella risposta all’interpello, l’Agenzia delle Entrate, in considerazione del fatto che la stabile organizzazione non approva un bilancio d’esercizio e che, quindi, non vi è l’evidenza del Patrimonio Netto di riferimento, conferma il principio di unicità dei soggetti passivi ai fini IVA tra la casa madre non residente e la stabile organizzazione, sancito dalla Sentenza della Corte di Giustizia UE del 23/10/2006, causa C-210/04, stabilendo, di conseguenza che tale requisito di solidità patrimoniale vada verificato in capo alla casa madre estera ed attestato dalla branch.
Infine, il comma 5, terzo periodo, dell’articolo 38-bis, prevede la possibilità per i gruppi di società con un patrimonio risultante dal bilancio consolidato superiore a 250 milioni di euro, che la garanzia richiesta a tutela dell’Erario ai fini del rimborso, possa essere prestata con l’assunzione diretta dell’obbligazione di restituzione della somma da rimborsare e dei relativi interessi, da parte della capogruppo o della controllante.
L’Agenzia delle Entrate, nella risposta in esame non ammette, però, la possibilità dell’assunzione diretta dell’obbligazione da parte casa madre della stabile organizzazione, proprio perché dovendosi considerare le stesse come un soggetto unitario, verrebbe in tal caso a mancare un patrimonio aggiuntivo rispetto a quello del soggetto richiedente il rimborso, sul quale eventualmente l’Erario potrebbe rivalersi.
Pertanto, per accedere al rimborso IVA, andrà presentata una fideiussione bancaria o assicurativa, o una cauzione in titoli di Stato o garantiti dallo Stato.
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