In data 18 febbraio 2020 la Corte di Cassazione ha depositato la Sent. n.4070, in cui ribadisce quanto già affermato in precedenza e da ultimo nella Sent. n.19990/2019, ovvero che qualsiasi atto tributario emesso dall’Amministrazione Finanziaria, deve contenere una motivazione specifica ed adeguata, che consenta al contribuente di comprendere le ragioni che hanno portato alla sua emissione, affinché quest’ultimo possa valutare in modo assolutamente circostanziato se prestarvi acquiescenza o proporre ricorso.
Il caso in esame traeva origine da due avvisi di liquidazione con cui l’Agenzia delle Entrate, con una scarna motivazione, addirittura una mera enunciazione, ritenendo “di lusso” l’immobile oggetto di compravendita, provvedeva a revocare l’agevolazione prima casa e quelle collegate al mutuo erogato.
A sostegno di quanto asserito, soltanto nel corso del giudizio l’Ufficio presentava una perizia tecnica, dalla quale si evincevano i controlli specifici effettuati sulla base delle dimensioni e delle caratteristiche, dell’ubicazione e della consistenza dell’immobile.
Il contribuente, soccombente nei due gradi di merito, proponeva, infine, ricorso in Cassazione proprio sulla base della violazione dell’obbligo di motivazione degli atti tributari ex art. 7 L. n.212/2000.
La Corte ha giudicato il ricorso fondato e proprio in funzione della richiamata norma, ha confermato la carenza di motivazione degli atti tributari all’origine della controversia, in quanto non avrebbe consentito al contribuente di esercitare il proprio inviolabile diritto di difesa in modo consapevole e circostanziato.
Ribadendo, inoltre che non è consentito all’Ufficio di produrre nuovi documenti giustificativi, come la perizia tecnica, dopo la notifica iniziale dell’atto o addirittura nel corso del giudizio, per evitare che il contribuente debba ricostruire la motivazione solo con i documenti in suo possesso o attivandosi nel cercare i funzionari responsabili, in spregio al principio della leale collaborazione tra le parti.
Con l’ulteriore Sentenza n.5349 depositata in data 27/02/2020, la Cassazione ha stabilito che le dichiarazioni richieste nell’atto di compravendita immobiliare dalla Nota II-bis, art.1 della Tariffa, parte I, allegata al DPR n.131/86 per usufruire delle agevolazioni sull’acquisto della prima casa (trasferimento della residenza entro 18 mesi nel Comune ove è ubicato l’immobile acquistato, mancata titolarità di diritti reali, anche in comunione con il coniuge, su altro immobile nello stesso comune o su tutto il territorio nazionale se acquistato già con la medesima agevolazione), qualora manchi un atto pubblico di compravendita, come nel caso di acquisto a seguito di sentenza, possono essere rese con una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà ex art.47 DPR n.445/2000, al momento della richiesta di registrazione della sentenza.
In effetti, la norma agevolativa prevede che tali dichiarazioni siano rese soltanto nell’atto di notarile di compravendita, ma già costante giurisprudenza ne aveva ammesso la possibilità nel primo momento in cui l’acquirente può far valere il proprio diritto a godere di tale beneficio, in forza del provvedimento che determina gli effetti traslativi.
E con la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà si garantisce la certezza del contenuto delle dichiarazioni rese e la riferibilità al soggetto che le rilascia, senza la necessita in tal caso di autentica nelle firme, come a volte erroneamente richiesto dall’Agenzia delle Entrate.
In ultimo con la risposta all’interpello n.113 pubblicata il 21 aprile 2020, l’Agenzia delle Entrate, ha negato la possibilità di usufruire delle agevolazioni prima casa al contribuente istante, qualora lo stesso sia intenzionato ad acquistare un’abitazione contigua a quella già posseduta ed acquistata con il beneficio ed a demolirle entrambe per ricostruire un’unica abitazione accatastata come villino.
Nonostante la norma agevolativa, tra le altre condizioni indispensabili, preveda espressamente che l’acquirente debba dichiarare in atto di non essere titolare, anche in comunione con il coniuge, dei diritti di proprietà, usufrutto,uso e abitazione su altra casa nello stesso Comune in cui è situato l’immobile da acquistare, già in passato l’Amministrazione Finanziaria, attraverso varie circolari e risoluzioni, aveva comunque riconosciuto la spettanza dell’agevolazione ai fini dell’imposta di registro in fattispecie particolari (come ad esempio per l’acquisto di una stanza o di un appartamento contiguo da accorpare all’abitazione già acquistata con il beneficio, mantenendone le caratteristiche non di lusso, o anche nel caso dell’acquisto di un immobile contiguo a quello già acquistato senza usufruire dell’agevolazione perché al tempo non prevista o perché non vi erano le condizioni per goderne, così come nel caso dell’acquisto contemporaneo di due immobili contigui da accorpare in un’unica abitazione).
Nel caso in esame, invece, con una presa di posizione più formale che sostanziale, per l’Agenzia delle Entrate la demolizione degli immobili e la successiva ricostruzione non può essere considerata neanche dal punto di vista catastale una fusione degli stessi.
Solo nell’ipotesi di acquisto e successivo ampliamento o accorpamento degli immobili (e sempre che da ciò non derivi un’unica abitazione considerata di lusso censita nelle categorie A/1, A/8 ed A/9) sarebbe possibile fruire anche per il secondo acquisto dell’agevolazione prima casa.
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