Il DL 30 aprile 2019 n.34 (c.d. DL “crescita”), convertito nella Legge del 28 giugno 2019 n.58 ha introdotto delle modifiche alla normativa esistente riguardante i rapporti tra Fisco e contribuente, con inevitabili riflessi in materia di accertamento e del conseguente contenzioso che ne dovesse derivare.
Un primo aspetto da rilevare è la modifica dell’art.6 della Legge n.212 del 27 luglio 2000 (c.d. Statuto del Contribuente).
Lo Statuto già richiamava i principi della chiarezza, della stabilità e dell’irretroattività delle norme tributarie, richiedendo la collaborazione e la buona fede nei rapporti tra contribuente ed Amministrazione Finanziaria, stabilendo anche che quest’ultima dovesse assumere tutte le idonee iniziative per consentire la completa ed agevole conoscenza delle norme e delle disposizioni amministrative in materia tributaria, ponendo i contribuenti in condizione di rispettare i propri obblighi con il minor numero di adempimenti possibili e con il minor aggravio di costi per gli stessi.
Con la modifica in questione, si ribadisce che l’Amministrazione Finanziaria deve assumere tutte le iniziative per garantire che i modelli dichiarativi, la modulistica e le relative istruzioni, i servizi telematici, la prassi amministrativa ed ogni altra comunicazione, siano messe a disposizione dei contribuenti per assolvere ai propri adempimenti con idonee modalità di comunicazione e pubblicità e prima dell’inizio del periodo d’imposta interessato o comunque almeno 60 giorni prima della scadenza assegnata al contribuente stesso per l’adempimento a cui si riferiscono.
Prevedendo, inoltre, che tutti i sopraelencati modelli, istruzioni ecc. devono essere comprensibili anche per i contribuenti non in possesso di conoscenze in materia tributaria. Questa codifica delle modalità e dei termini minimi in una legge a tutela del contribuente, è stata resa necessaria dal fatto che molte volte il legislatore già prevedeva tali termini per i nuovi adempimenti (come da ultimo nel caso degli ISA), salvo poi posticipare a mezzo decreti legge la conoscenza delle relative regole, rendendo complicato per il contribuente rispettare gli obblighi posti a suo carico.
Un’altra modifica introdotta dall’art. 4-octies del DL crescita prevede, per gli avvisi di accertamento emessi a partire dal 01 luglio 2020, l’obbligo generalizzato dell’invito al contraddittorio prima della loro emissione.
Oltre a ciò vengono, però estesi in modo ingiustificato anche i termini di decadenza del potere accertativo dell’Ufficio: infatti, se tra la data di notifica dell’invito a comparire ed il termine di decadenza intercorrono meno di 90 giorni, tale termine viene automaticamente prorogato di 120 giorni.
Anche se tale modifica era stata dettata per assicurare al meglio il diritto di difesa del contribuente, procedendo attraverso l’invito a comparire ad instaurare una procedura di accertamento con adesione attivata dall’Ufficio tutte le volte in cui non è stato consegnato un PVC (in caso di accessi, infatti, il contribuente potrà comunque presentare le sue memorie difensive) però, raggiunge quasi lo scopo opposto, ovvero quello di arrivare a rendere gli accertamenti meno contestabili.
Innanzi tutto l’obbligo del invito a comparire non sussiste in caso siano previsti altre forme di contraddittorio (ad es. accertamenti basati sugli studi di settore o emessi in seguito a controlli formali) o nei casi di motivata urgenza o fondato pericolo per la riscossione, così come nel caso sempre più frequente da parte degli Uffici dell’emissione di accertamenti parziali o avvisi di rettifica parziali (non riguardanti l’intera posizione del contribuente, ex art. 41bis DPR n. 600/1973 ed ex art. 54, c.3-4, DPR 633/1972).
Inoltre la modifica introdotta dal DL crescita prevede anche che in caso di mancato accordo a seguito dell’invito a comparire, il contribuente non potrà, successivamente alla notifica dell’avviso di accertamento presentare istanza di accertamento con adesione, mentre per L’Ufficio, se non si arriva all’archiviazione o all’accordo, ci sarà l’obbligo di motivare specificatamente il successivo avviso di accertamento anche in funzione dei chiarimenti e delle informazioni fornite dal contribuente nel corso del contraddittorio, senza però specificare le conseguenze del mancato rispetto di tale motivazione rafforzata.
Infine, viene istituzionalizzata anche la c.d. prova di resistenza, ovvero qualora non venga rispettato l’obbligo del contraddittorio preventivo, si potrà richiedere l’annullamento del successivo avviso solo qualora si dimostrino le ragioni che il contribuente avrebbe potuto far valere in tale sede.
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