Operazioni Straordinarie: contenzioso in materia di cessioni d’azienda

News | pubblicato il 7-05-2024
a cura di Studio Gargani

Con l’Ordinanza n.3936 pubblicata in data 13 febbraio 2024, la Corte di Cassazione si è occupata del trattamento fiscale relativo alla plusvalenza derivante dalla cessione di un’azienda, ribadendo quanto già stabilito da costante giurisprudenza della stessa, ovvero che in materia di imposte sui redditi, tale plusvalenza si considera realizzata nel momento della conclusione del contratto, senza che rilevino in alcun modo le successive vicende inerenti all’adempimento degli obblighi da esso derivanti, come il mancato pagamento del corrispettivo o l’eventuale pagamento rateizzato o l’estinzione, a seguito di successiva transazione a carattere novativo, dell’obbligo stesso.

Sostanzialmente, si conferma che tale componente reddituale rientra nella categoria dei redditi d’impresa, in applicazione del principio di competenza ex art.109, c.2, del TUIR e non quello di cassa; considerando, quindi, ininfluente la percezione o meno del corrispettivo ed ancorandone l’imponibilità, al momento della stipula dell’atto notarile con il quale si trasferisce la proprietà dell’azienda, o a quello eventualmente successivo a cui viene differito il passaggio del diritto di proprietà o di altro diritto reale, rispetto alla sottoscrizione dell’atto di cessione.

Solo nel caso di plusvalenza realizzata dall’imprenditore individuale a seguito della cessione dell’unica azienda, precedentemente concessa in affitto, la tassazione sarà, invece, collegata alla percezione del prezzo (anche rateizzato), in quanto già nel momento in cui si attua l’affitto d’azienda, il cedente perde la qualifica di imprenditore e pertanto, la plusvalenza sarà considerata reddito diverso e non d’impresa.

Sempre la Corte di Cassazione, con la Sentenza depositata in pari data, n.3953, ha stabilito che il raddoppio dei termini per l’accertamento, ai sensi dell’art.43,c.3, DPR n.600/1973 e art. 57, c.3, DPR n.633/1972, successivamente abrogato dal periodo d’imposta 2016 dalla L.n.208/2015, relativo alle violazioni penali commesse dal cedente, si estende al cessionario d’azienda o del ramo d’azienda, anche se soggetto terzo estraneo al reato, qualora sia applicabile a quest’ultimo la responsabilità solidale ai sensi dell’art.14 del D.Lgs. n.472/97.

Tale ultimo articolo prevede che il cessionario è responsabile in solido per il pagamento di imposte e sanzioni relative a violazioni commesse dal cedente nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti e per quelle già irrogate e contestate al cedente nel medesimo periodo, anche se riferite a violazioni commesse in precedenza. Il tutto mitigato dalla previsione del beneficio della preventiva escussione del cedente e nel limite del valore dell’azienda o del ramo d’azienda oggetto di cessione.

Nel caso esaminato dalla Corte, riferito a periodi d’imposta antecedente al 2016, il cedente aveva ricevuto un avviso di accertamento proprio per violazioni riferibili all’anno oggetto della cessione del ramo d’azienda ed anche al cessionario, sulla base dell’art.14 del D.Lgs. n.472/97, veniva notificato il medesimo accertamento, beneficiando del raddoppio dei termini, nonostante la sua estraneità all’evasione compiuta dal primo.

Proprio sulla base di tale motivazione, il cessionario impugnava l’accertamento, evidenziando, inoltre, che la denuncia penale per il reato di dichiarazione infedele era stata avanzata solo nei confronti del cedente e non verso di lui, neanche per l’eventuale concorso nella commissione dello stesso.

Ma la Cassazione, anche al fine di garantire all’Amministrazione Finanziaria l’utilizzabilità dei più incisivi elementi istruttori risultanti dalle indagini dell’Autorità Giudiziaria oltre il termine ordinario, ha comunque ritenuto che, l’accertamento nei confronti del soggetto a cui si applica il raddoppio dei termini, deve essere accompagnato anche da quello al soggetto legato ad esso da responsabilità solidale; trovando, pertanto, in quest’ultima, la giustificazione per l’estensione dei termini, anche nel caso in cui il cessionario sia estraneo al reato, in relazione agli aspetti tributari essenziali per determinare la posizione fiscale del cedente, con il limite dell’anno a cui si riferisce la violazione penalmente rilevante.

Da ultimo, con la Sentenza n. 8805, depositata in data 3 aprile 2024, la Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, stabilendo che si tratta di singoli beni e che non configura una cessione d’azienda, l’atto con cui si cedono l’autorizzazione alla costruzione di un impianto fotovoltaico, il progetto per la costruzione, lo sviluppo e l’esercizio dello stesso, il diritto di superficie su alcuni terreni ed il diritto all’allacciamento dell’impianto alla rete elettrica.

Ai fini delle imposte indirette, mentre la cessione d’azienda è soggetta ad imposta di registro proporzionale ed esclusa da IVA, la cessione di singoli beni prevede, invece, l’imponibilità IVA.

La Corte, ribadendo che ai sensi dell’art. 2555 del Cod.Civ., perché vi sia un’azienda, è essenziale che i beni ceduti (anche solo facenti parte di un ramo dell’azienda) abbiano, anche solo potenzialmente, il requisito dell’organizzazione per l’esercizio dell’impresa, non ha riscontato tale elemento, nel caso in esame sulla base della natura dell’attività da svolgere, mancando tutta l’ulteriore componentistica tecnica necessaria per poter far funzionare un’impresa di produzione di energia elettrica attraverso l’impianto fotovoltaico da costruire. Infine, ha ritenuto anche non esserci la violazione dell’art.20 del DPR n.131/86, in quanto dagli elementi desumibili dall’atto soggetto a registrazione, era ben possibile escludere l’esistenza del complesso aziendale, senza il ricorso ad elementi extratestuali.

Alcune immagini usate in questo articolo sono state prese da www.create.vista.com

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