Contenzioso in materia di Transfer Pricing

News | pubblicato il 5-05-2021
a cura di Studio Gargani

Due recenti Sentenze della Corte di Cassazione si sono occupate della disciplina dei prezzi di trasferimento nell’ambito di gruppi di società, sia in relazione a consociate estere che residenti.

La Sentenza n.1232 depositata in data 12 gennaio 2021 si è occupata di un caso in cui la controllante residente, addebitava alle consociate estere royalties ad un prezzo ritenuto incongruo da parte dell’Amministrazione Finanziaria, ovvero al di sotto di quello che sarebbe stato applicato in condizioni di libera concorrenza; e la Corte ha confermato tale conclusione dopo aver analizzato la disciplina prevista per tali fattispecie dall’art.110, c.7, del TUIR, nonché la cosiddetta “teoria dei vantaggi compensativi” collegati all’attività di direzione e coordinamento esercitata nell’ambito dei gruppi di società. Pur avendo, infatti, tenuto in considerazione le ragioni prospettate dalla controllante in relazione alla determinazione del prezzo praticato alle consociate estere, al fine di consentire loro di acquisire maggiore competitività, la Cassazione ha ribadito la non congruità dello stesso, riaffermando anche il principio che per tali operazioni si debba sempre far riferimento al prezzo che si sarebbe determinato tra soggetti indipendenti. E ciò, anche se le ragioni commerciali che portano alla fissazione del prezzo, possano dipendere dalla logica della direzione e coordinamento e risentire della posizione assunta da una delle parti all’interno del gruppo, valutando l’interesse generale rispetto a quello dei singoli partecipanti, i quali potrebbero veder sacrificati i propri interessi particolari, a favore di un aumento del valore complessivo del gruppo, di cui potrebbero comunque godere anch’essi. Ma tali criteri e logiche infragruppo andranno ponderati sempre attraverso quanto stabilito dalla disciplina del transfer pricing, che è tesa ad assicurare la corretta ripartizione tra i vari Stati del potere impositivo, anche secondo quanto recentemente confermato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (seppur il caso oggetto di esame da parte della Cassazione riguardava rapporti con società residenti in Stati extracomunitari). Infine, sempre la Corte, ha ribadito anche, che al fine di derogare alla logica del prezzo di mercato, inteso come il valore applicabile alle transazioni di beni e servizi della stessa specie, allo stesso stadio di commercializzazione e nel medesimo tempo e luogo, non è sufficiente l’esistenza di una policy aziendale finalizzata a ciò; ed a maggior ragione, in caso di assenza di tale policy, l’Amministrazione Finanziaria potrebbe legittimamente rettificare i ricavi dichiarati dalla capogruppo sulla base della disciplina prevista dalle norme sui prezzi di trasferimento.

Successivamente, la Sentenza della Cassazione n. 8176 depositata in data 24 marzo 2021 si è occupata del caso di una Sas residente che per tre mesi aveva acquistato, da una Srl avente la medesima compagine societaria, anch’essa residente ed appartenente allo stesso gruppo di imprese, dei beni ad un prezzo superiore a quello di mercato, rivendendoli poi a prezzo inferiore rispetto all’acquisto e realizzando in tal modo un margine negativo, pervenendo, infine, a cedere la propria attività alla Srl. La Corte, seppur ravvisando in tale condotta antieconomica un comportamento che potrebbe indurre e giustificare l’Amministrazione Finanziaria ad emettere un accertamento analitico-induttivo ai sensi dell’art.39,c.1,lett. d, del DPR n.600/1973, ribadisce che tale condotta vada comunque valutata nell’ambito della logica del gruppo, bilanciando l’interesse collettivo con quello delle singole società partecipanti al gruppo stesso. Già i primi gradi di giudizio si chiudevano a favore della società contribuente, considerando, pertanto, illegittima la ripresa a tassazione sulla base dell’accertamento induttivo, anche in considerazione della lieve entità della perdita dalla stessa subita nell’arco di soli tre mesi. In aggiunta a ciò la Corte, rigettando il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ha motivato la propria decisione ritenendo non applicabile nel caso oggetto di esame, relativo ad un transfer pricing “interno”, ovvero tra soggetti entrambi residenti, la disciplina prevista per il transfer pricing “internazionale” dall’art.110,c.7, del TUIR, per espressa previsione dell’art.5,c.2, D.Lgs. n.147/2015. Ciò, contrariamente a quanto stabilito in precedenti decisioni, dove il richiamato art. 110 del TUIR, considerato quale norma antielusiva speciale, era stato esteso anche alle relazioni infragruppo interne, al fine di evitare artificiosi spostamenti di base imponibile a favore di società “collegate” che potevano godere di benefici fiscali. Ma tali decisioni erano comunque antecedenti alla norma di interpretazione autentica introdotta dal D.Lgs. n.147/2015, che ha escluso espressamente tale possibilità. In sostanza, la Cassazione ha riconosciuto comunque la possibilità per l’Ufficio di riscontrare l’antieconomicità dell’eventuale condotta tra società “sorelle” residenti, giustificando anche un eventuale accertamento analitico-induttivo, purché la stessa sia valutata tenendo conto delle logiche di gruppo; non ravvisando, nel caso di specie, tale antieconomicità, sulla base di quanto comprovato.

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